In quasi tutte le nostre regioni cominciano a spuntare i primi fiori della primavera: della maggior parte non conosciamo neppure il nome o diamo loro denominazioni locali, diverse da una zona all’altra d’Italia. Con questi graziosi fiori, Rosa Elisa Giangoia prepara una ricetta per un dolce che sprigiona tutta la freschezza della primavera! Te la proponiamo oggi che è la Giornata mondiale delle torte.
In passato la maggior parte dei fiori di prato non avevano nome, ma erano apprezzati dai poeti per la varietà di colori che spargevano sul verde dei prati. Sono presenti già nel primo testo poetico della nostra letteratura, il Cantico delle creaturedi San Francesco d’Assisi, che dice:
Laudato si’, mi Signore, per sora nostra madre terra,
la quale ne sustenta e governa,
e produce diversi fructi, con coloriti fiori et herba.
(vv. 20-22)
Dante Alighieri li chiama “fioretti” nell’Inferno e li ritrae proprio in questa stagione, quando di notte fa ancora freddo:
Quali i fioretti, dal notturno gelo
chinati e chiusi, poi che ‘l sol li imbianca
si drizzan tutti aperti in loro stelo.
(Inf. II, 127-129)
Di questa immagine si ricorderanno a lungo i poeti; infatti Angelo Poliziano dirà:
Surgevon rugiadosi in loro stelo
Gli fior chinati dal notturno gelo.
(Stanze II, 38,6)
e Torquato Tasso:
Parean vermigli insieme e bianchi fiori,
Se pur gl’irriga un rugiadoso nembo,
Quando sull’apparir de’ primi albori,
Spiegano a l’aure liete il chiuso grembo.
(Gerusalemme Liberata IV, 75,3)
Tasso, però, dato che aggiunge notazioni cromatiche, molto probabilmente ha in mente anche un’ altra immagine di Dante: quella con cui il poeta descrive, con grazia e finezza gotica, Matelda, la misteriosa donna che nel Paradiso Terrestre coglie i fiori che ornano un prato sempre primaverile:
Una donna soletta che si gìa
cantando e scegliendo fior da fiore
ond’era pinta tutta la sua via.
(Purg. XXVIII, 40-42)
Anche Poliziano saprà cogliere il fascino di un prato fiorito di vari colori:
L’erba di sue bellezze ha meraviglia:
bianca, cilestra, pallida e vermiglia.
(Stanze I 77, 7-8)
Poi, a poco a poco, tutti i fiori assumeranno un nome scientifico accanto a quello popolare e anche i poeti dovranno diventare precisi nel cantare i singoli fiori!
Già nel Medioevo si faceva una torta con i fiorellini dei prati. Maestro Martino da Como, cuoco al servizio del Patriarca d’Aquileia, nel suo Libro de arte coquinaria, redatto nella seconda metà del Quattrocento, propone la ricetta di una torta di fiori, che abbiamo rielaborato per renderla più comprensibile al pubblico contemporaneo.
Procedimento
Foderare una tortiera di pasta sfoglia, riempirla con un composto di uova, ricotta e miele ben mescolati a cui siano state aggiunte due o tre manciate di fiorellini di prato ben puliti e lavati, tra cui sono da preferire pratoline, primule, violette, fiori di malva e di borragine, per essere sicuri che non contengano sostanze tossiche. Ricoprire con un’altra sfoglia di pasta cosparsa di zucchero inumidito con acqua di rose. Infornare a 180 gradi e cuocere per 20 minuti.