Dalla Turchia al Marocco, dall’Iran al Libano, passando per l’Iraq, lo Yemen, l’Algeria, la Tunisia e l’ Egitto, i precetti di un’arte culinaria si tramandano da ventre a ventre.
Un samovar sempre acceso per il benvenuto e una tovaglia distesa a terra. Una cucina che odora di zafferano poco prima di una gita fuori porta. Una notte di veglia per fissare le stelle dalla terrazza proibita e un giardino colmo di alberi da frutto. Un bistrot dove ritrovarsi a leggere i fondi del tè e una stanza ai piani alti dell’harem per raccontare o ascoltare storie.
In Cosa dicono le foglie del tè di Giulia Valsecchi le letterature femminili contemporanee accolgono e diffondono echi di eredità preziose in un viaggio spolverato di spezie e chicchi di melagrana: dalla Turchia al Marocco, dall’Iran al Libano, passando per l’Iraq, lo Yemen, l’Algeria, la Tunisia e l’ Egitto, i precetti di un’arte culinaria si tramandano da ventre a ventre.