Il teatro di Goldoni da una prospettiva culinaria: il cibo come espressione del carattere dei personaggi immortali delle sue famose commedie. Con le ricette della cucina veneta.
«Non detti in pianto vedendo la luce. Il che manifestò il mio carattere pacifico», scrive così Carlo Goldoni presentando se stesso nei suoi Mémoires, e questa capacità di opporre ai dolori la serenità, gli permise di “ciacolare” sulle pecche dei contemporanei, come proprie di tutta l’umanità.
A cena con la Locandiera presenta le ricette del commediografo e dei suoi personaggi immediatamente riconoscibili: l’avaro che serve “roba brodosa”, la donna emancipata che propone “intingoletti e salsette”, mentre la scaltra “cioccolata in guantiera”, la Checca e la Pasqua chiozzotte che sono alle prese con “sfoggi, bosèghe e rombi”.
E l’onestà dei difetti di ognuno sarà garantita da Arlecchino, il più difettoso servitore del mondo: «Se t’inganno, prego el cielo de perdere quello che gh’ho più caro: l’appetito».